Stai pensando di investire in PIR perché te l’ha proposto il consulente della tua Banca oppure perché ovunque ti giri sei circondato da pubblicità, articoli di giornale o riviste che non fanno che elogiare questo prodotto evidenziando l’incredibile successo che ha portato ad una raccolta di quasi 16 miliardi di euro nel 2017, grazie soprattutto ai benefici fiscali.
Se non sei convinto che sia la soluzione giusta per te, se ti poni delle domande e se vuoi approfondire l’argomento prima di fare la tua scelta, sei nell’articolo giusto.
Cercheremo di dare una panoramica completa di questo strumento per arrivare a rispondere alla domanda più importante : Convengono davvero i PIR ?
Premessa :
Secondo uno studio di Standard & Poor’s, in Italia solo il 38% dei risparmiatori ha un minimo di competenze finanziarie (dietro a paesi come lo Zimbabwe e la Tanzania).
In un contesto come quello italiano, quindi, dominato dalla scarsa cultura finanziaria e da un’aggressiva politica commerciale delle banche, un prodotto come il PIR corre il rischio di essere piazzato con troppa facilità anche a coloro che non ne comprendono le caratteristiche.
Per questo motivo, l’impressionante raccolta fatta finora dai PIR, NON È e NON DEVE ESSERE sinonimo di convenienza per i risparmiatori.
Ma partiamo con ordine.
Cosa sono i PIR?

I PIR (Piani Individuali di Risparmio) sono degli strumenti di investimento nati con la legge di stabilità del 2017 che hanno una duplice funzione:
- veicolare parte del risparmio privato verso le piccole e medie imprese italiane o estere ma aventi attività prevalenti in Italia;
- fornire ai risparmiatori nuove opportunità di investimento e soprattutto alle banche un prodotto nuovo e facile da vendere grazie a particolari benefici fiscali.
Come funzionano i PIR ?
L’investitore che desidera sottoscrivere un piano di risparmio, dovrà :
- impegnarsi per almeno 5 anni a portare avanti questo strumento;
- per ogni anno solare, versare un importo che va da un minimo di € 500 ad un massimo di € 30.000 e complessivamente (in 5 anni) non superiore a € 150.000.
Dove investono i PIR ?
Come detto, i PIR nascono con l’obiettivo di investire i soldi dei risparmiatori nelle piccole e medie imprese italiane.
Per questo motivo, almeno il 70% del patrimonio complessivo è investito in azioni/obbligazioni italiane (o estere con stabile organizzazione in Italia) e di questi 70%, almeno il 30% (ovvero il 21% del totale) è investito in strumenti finanziari di aziende medio-piccole.

Stando all'analisi di Intermonte, solo 7 fondi su 38 hanno investito oltre il 70% del portafoglio nel segmento piccola e media capitalizzazione.
Ciò vuol dire che solo una piccola parte delle risorse raccolte finora dai PIR sul mercato finisce alle piccole e medie imprese.
La fetta più grande è andata a finanziare le grandi imprese e le multinazionali italiane, comprese le banche che rappresentano il 35% della capitalizzazione della Borsa italiana.
Quali vantaggi fiscali offrono i PIR ?
Il principale driver di raccolta dei PIR è senza dubbio il beneficio fiscale che consiste nell’esenzione completa della tassazione dei redditi.
I risparmiatori, quindi, non pagano l’aliquota del 26% a patto che partecipino al PIR per un minimo di 5 anni.

Si può ovviamente disinvestire prima, ma in questo caso si dovrà rimborsare tutta la tassazione non pagata fino a quel momento, incrementata degli interessi.
Infine, le agevolazioni fiscali sono limitate alle persone fisiche e ciascun investitore non può avere più di un piano di risparmio.
Quali sono i rischi dei PIR ?
Come abbiamo visto, sui PIR si possono investire €. 30.000 all’anno per 5 anni, per un totale massimo di €. 150.000.
Ovviamente quest’ultimo importo non è uguale per tutti: se per esempio, un risparmiatore ha un patrimonio di €. 200.000, investirne 150 in un unico strumento non è saggio.
Anche perché i PIR sono un concentrato di made in Italy, quindi è meglio non esagerare con il peso di questi prodotti per non compromettere la diversificazione di portafoglio.

Infine, prima di sottoscrivere un PIR è importante capire bene anche il grado di rischio che si è capaci di sopportare per l'intera durata dell'investimento perché il mercato azionario è un asset attivo, soggetto a continui cambiamenti. Significa che in 5 anni può offrire buoni guadagni ma anche notevoli perdite. Quindi, il risparmiatore deve essere propenso a supportare queste eventuali perdite dovute all'alta volatilità del mercato.
Quanto costano i PIR ?
Arriviamo alla domanda più importanti per capire se convengono davvero i PIR ?
Secondo i dati raccolti da Morningstar e Assogestioni su circa 60 prodotti analizzati, emerge che:
- Costi di ingresso = da 0% a 5,5% (media aritmetica 2.5%)
- Costi di gestione e spese ricorrenti = da 0,4% a 2,79% (media aritmetica 1.6%)
- Commissioni di overperformance (presenti sul 75% dei prodotti analizzati), che spesso annullano il rendimento dell'investimento.
Quando non ci sono costi di ingresso, di solito, i costi di gestione sono molto più alti (per esempio alcune banche non fanno pagare costi di ingresso ma applicano delle commissioni di gestione che possono arrivare anche al 6%).

Sommando tutti i costi, il rischio è che la cifra da pagare sia troppo elevata.
Secondo uno studio di AdviseOnly, se, per esempio, il PIR realizzasse una performance del 5% e la sua commissione di gestione arrivasse al 2.3%, il beneficio fiscale del PIR verrebbe annullato.
Attenzione dunque, prima di sottoscrivere il PIR, leggere attentamente le avvertenze (vedi l'articolo: Cosa ho veramente sottoscritto?)
Conclusioni
Tornando alla domanda Convengono davvero i PIR ? la risposta è: quasi MAI.
Il motivo principale è dato dai costi, nella maggior parte dei PIR il guadagno che l’investitore ottiene grazie all’esenzione fiscale viene soppresso dalle banche con costi più alti.
Inoltre, se per qualche motivo, disinvesti prima dei 5 anni, non solo avrai subito i costi alti ma dovrai restituire tutta la tassazione non pagata.
Concludendo, non possiamo certo affermare che la parte che ottiene più vantaggi dai PIR sia il risparmiatore, sicuramente rimane un ottimo strumento di vendita per le banche e le SGR visto le importanti commissioni.
I PIR potrebbero essere una buona soluzione anche per l’investitore se le commissioni non vanificassero i benefici fiscali, altrimenti rimane uno strumento eccezionale solo per chi lo vende.
Per essere certo di fare la scelta giusta, affidati ad un consulente indipendente, l’unico che può garantirti risposte chiare, analizzando i reali rischi, costi e rendimenti di ogni strumento finanziario senza essere condizionato da budget di vendita o interessi di varia natura.
Affidarsi alla consulenza indipendente è una scelta intelligente che ti tutela dall’aggressiva politica commerciale delle banche e dalle notizie fuorvianti che possono danneggiare i tuoi interessi.
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